Nuoto libero di Julie Otsuka
Uno stile essenziale, dinamico, incalzante e pungente. Una botta al cuore, un porta aperta su un mondo, quello della demenza senile, nel quale molte persone sono costrette a vivere l’ultima parte delle loro esistenza. Da leggere senza alcun dubbio.
Una volta ogni dieci anni siamo benedetti da un nuovo libro di Julie Otsuka, pluripremiata autrice di Venivamo tutte per mare. Comincia come un catalogo di regole dette e non dette per nuotatori di una piscina pubblica e si sviluppa nella storia potente dell’amore di una figlia che assiste al declino della madre. Da assaporare e rileggere.
Gli amanti del nuoto libero sanno che la loro amatissima piscina sotterranea è un luogo quieto, perfetto per il relax e la concentrazione, dove ciascuno gestisce il suo corpo e il suo tempo lontano dal mondo di superficie. È il loro spazio, la loro zona di conforto, la fonte di un benessere superiore. La loro è una vita appartata e felice, vasca dopo vasca, virata dopo virata. Fino al giorno in cui la comparsa di una crepa sul fondo della piscina incrina le certezze di tutti, soprattutto di Alice.
Alice, madre della narratrice, soffre anche lei, in parallelo, per le crepe insanabili che minacciano la sua memoria. Senza la piscina a strutturare il suo tempo, la sua vita intera scivola nella confusione, nello scompiglio, nell’incertezza. Sua figlia la osserva, e ricostruisce per lei un passato che la memoria non trattiene più: l’infanzia, il campo di concentramento per giapponesi, il lungo matrimonio, la morte della prima figlia neonata, l’esperienza di madre nippoamericana in California.
Con una scrittura essenziale che ha fatto pronunciare a molti critici e lettori la parola «capolavoro», e con indicibile grazia e profonda tenerezza, Julie Otsuka osserva il declino di una madre imparando a orientarsi in un rapporto difficile e insieme ad amarla come mai prima.